“Lo chiamavano Trinità” debutta in teatro il 2 dicembre. Un gruppo di stuntman della scuola di Simone Belli restituirà agli spettatori persino i combattimenti. Il lavoro della regista mandellese Laura Gisella Bono ha convinto anche gli eredi di Italo Zingarelli, produttore del film campione di incassi del 1970, che saranno presenti alla prima ad Airuno. Ma questo è solo l’ultimo di una serie di inaspettati successi della regista sessantenne. Gisi, come la chiamano gli amici, dopo aver cresciuto due ragazzi da sola senza il tempo di dedicarsi alla sua passione, a 50 anni, con poche speranze ma animata da quello che lei chiama “el duende”, il fuoco perenne che brucia anche quando non si alimenta, eredità culturale e spirituale da parte della mamma uruguaiana, tenta di entrare nella nota scuola di teatro Paolo Grassi di Milano. E ci riesce. C’è un simbolo legato a quell’esordio, l’arcobaleno, in spagnolo “arco iris”, che diventa il nome della compagnia che fonda dopo gli studi di recitazione. Lo chiamavano Trinità è il suo terzo lavoro come regista teatrale, un dono al padre.
Il progetto è stato realizzato con il contributo del fondo Sostegno alle arti dal vivo, voluto da Acinque Energia, Fondazione comunitaria del lecchese e Lario reti holding.
Il primo palcoscenico è quello del teatro Smeraldo di Airuno e sarà calcato sabato 2 dicembre alle 21. Arriverà al De Andrè di Mandello il 10 febbraio e infine a Lecco al Cenacolo Francescano il 16 marzo.