Disegni, fotografie, documenti originali che ripercorrono l'infanzia di una bambina cresciuta nel periodo del ventennio fascista. Graziella Mapelli ha 8 anni quando scoppia la seconda guerra mondiale e vive a Milano con i genitori e gli altri sette fratelli. Oggi ha 88 anni e vive a Lecco, la città dove si trasferì per fuggire agli orrori della guerra e dove è felicemente in pensione dopo quarant'anni di lavoro come ragioniera. E a Lecco è cresciuta anche sua nipote, Bruna Martini, prima di trasferirsi a Londra. Autrice di cortometraggi e animazioni che hanno vinto premi in festival internazionali e che vengono trasmessi sui canali televisivi del Regno Unito, la giovane lecchese ha deciso di raccontare la storia della zia nel graphic memoir "Patria. Crescere in tempo di guerra", dal 14 gennaio nelle librerie.
Dalla paura dei bombardamenti all’obbligo di scrivere ai soldati al fronte nelle ore di scuola, dalle rappresentazioni vestite da contadinelle al culto della figura del Duce. I ricordi di zia Graziella diventano una preziosa indagine storica sull'intera nazione, un intenso lavoro di ricerca, testimonianza e memoria. Il libro mette in dialogo i disegni a pastello e acquerello dell'autrice con reperti dell’epoca, provenienti dall’archivio personale di Graziella: vecchie fotografie, lettere dei soldati, articoli di giornale, pagelle, quaderni e libri di testo usati nelle scuole. In un clima dominato dalla guerra e dal rigore ideologico, proprio la scuola infatti ebbe un ruolo fondamentale nella propaganda mussoliniana.
Attraverso il punto di vista della protagonista, si fa luce sul processo di indottrinamento operato dal regime sui giovani e sulle tecniche di persuasione attuate tra i banchi di scuola. Il risultato è quello di un fumetto atipico, una sorta di passaggio di testimone tra due donne della stessa famiglia, che offre ai lettori preziosi spunti di riflessione, anche in vista della Giornata della Memoria. "Patria" è edito da BeccoGiallo Edizioni, casa editrice padovana del gruppo Fandango, il cui nome è un omaggio all'esperienza editoriale del foglio antifascista “Il Becco Giallo", che negli anni '20 criticava il "potere" con inchieste giornalistiche e disegni satirici.