Il 22 febbraio 2020 il primo caso di coronavirus in provincia di Sondrio. In un anno tante cose sono cambiate. Le terapie si sono fatte più efficaci, è cominciata la campagna di somministrazione del vaccino. Ma volgere lo sguardo indietro aiuta a comprendere qual è stata e qual è tuttora l’entità del problema sanitario Il virus non è sconfitto. Di covid si ammala e si muore ancora. Dall’inizio della pandemia, secondo i dati della Regione, i casi di persone contagiate in provincia sono stati 10.782, 484 i decessi. Il rapporto tra il numero dei contagiati e il totale della popolazione provinciale è di circa il 6%, quinta provincia in Lombardia. In numeri assoluti ovviamente Sondrio ha avuto il dato più alto: 1348 casi, Morbegno 745, Tirano 593, Livigno, 524, Grosio 412. Ma, in numeri relativi, casi/abitanti, il Comune con la più alta incidenza, è Tovo sant’Agata, dove ha preso il covid un cittadino su 10, seguito da Grosio. Il mandamento con la diffusione maggiore l’alta valle: quello meno la Valchiavenna. L’andamento del virus ha avuto un ritmo molto diversificato: nella prima ondata, da marzo a inizio estate, 1500 casi, e un’elevata mortalità, nei 3 mesi estivi solo un centinaio di casi, da settembre l’impennata, dovuta anche ad un ricorso molto più sistematico ai tamponi, con oltre 9000 casi, e punte, ha detto di recente il direttore generale di Ats della montagna Lorella Cecconami, anche di 1000 casi a settimana tra novembre e dicembre. È impressionante infatti l’escalation, che si può ricostruire dai report di Ats: dal 20 ottobre al 20 novembre si è passati da poco più di 2000 a oltre 5000, altri 3000 in più tra novembre e dicembre, poi l’inizio della fase discendente. Cala sensibilmente il numero delle persone ancora malate, ovvero il saldo tra totale casi da una parte, guariti + deceduti dall’altra. Dal picco degli oltre 2300 di fine novembre, ai poco più di 1000 di oggi.