Sempre più probabile l’ennesimo rinvio della riapertura degli impianti di sci, prima prevista al 7 gennaio, subito dopo le feste, poi spostata al 18, e ora destinata con ogni probabilità a slittare ancora. Tutto dipenderà dalle misure contenute nel nuovo decreto, atteso per il 15 gennaio, ma l’orientamento espresso dal governo lascia poche speranze. Prendiamo atto di questa ipotesi annunciata dal governo e della conseguente crisi di tutto il comparto turistico invernale della montagna, dichiarano all’unisono regioni e province autonome dell’arco alpino, più l’Abruzzo, riunitesi per approfondire le linee guida di utilizzo degli impianti di risalita, da sottoporre alla valutazione del Comitato Tecnico Scientifico del governo. Per la Lombardia sono intervenuti l’assessore alla montagna Massimo Sertori e il sottosegretario allo sport Antonio Rossi. Per questo, scrivono le Regioni, chiediamo al governo di assumere un impegno serio nei confronti di questo settore, garantendo ristori certi, immediati e proporzionati alle perdite subite nel corso della stagione. L’impatto della chiusura delle piste è stato forte non solo sulle società di impianti, ma anche su tutto l’indotto che generano gli sport della neve, rifugi e alberghi, maestri di sci, professionisti della montagna e servizi. Un giro d’affari quello del turismo invernale in Italia quantificato in 20 miliardi a stagione. La priorità dunque è fissare una data garantita per l’apertura, dicono le Regioni. Stabilita quella, sarà necessario dare continuità all’attività degli impianti di risalita nel rispetto delle limitazioni previste dalle linee guida del protocollo approvato dal CTS. La dinamica della diffusione del virus, e quindi la suddivisione delle zone a colori, determinerà le relative limitazioni in ordine alla mobilità delle persone piuttosto che al restringimento dei servizi. Un grido d’allarme quello rilanciato al governo dalle regioni, disponibili da subito al confronto istituzionale per trovare una soluzione condivisa e immediata. Il tempo infatti preme. Si tratta di un comparto che oggi soffre alcuni miliardi di mancato fatturato e che rischia, a crisi epidemica finita, di non avere più la forza di rialzarsi! Per questo è necessario mettere in campo misure immediate e proporzionate per le imprese e per i lavoratori stagionali.